Correvano gli anni ’60 e ’70. Il mondo era in piena fase di mutazione. Gli usi, i costumi, la società. I giovani ragazzi di allora combattevano per la conquista dei loro diritti. Si aggregavano, parlavano, consumavano droghe nei grandi rave. Era l’epoca dell’LSD, prima scelta nella comunità hippie. Scelta destinata a scemare in breve tempo, mano a mano che gli effetti collaterali e i danni permanenti venivano alla luce, e le campagne mediatiche atte a disincentivarne l’uso sempre più aggressive, insieme al lavoro svolto dalle forze dell’ordine. Vennero gli anni ’80, la brillantina, il rock che si trasforma in disco music, le acconciature voluminose, il cibo spazzatura americano che iniziava a globalizzarsi con prepotenza, e una nuova ombra, silente e nascosta si abbatteva su quei giovani, prosciugatrice di energie e di anime. Erano i tempi dell’eroina e dell’HIV, delle siringhe passate da un braccio all’altro, di vite spezzate. Vennero poi i ’90, i cellulari che costavano quanto una Vespa, il grunge, i cantanti maledetti, i Nirvana, la musica elettronica, i primi dischi techno, i dj, i dischi in vinile, le discoteche erette a veri e propri templi sacri della musica, i raduni automobilistici, i rally con le Lancia Delta, le Ford Escort e le Toyota Celica. Le sostanze sintetiche, l’MDMA da tutti conosciuta come ecstasy, le pasticche, le paste, la cocaina, le stragi del sabato sera. Poi finalmente una presa di coscienza, l’inversione di tendenza, la consapevolezza dei rischi e dei pericoli e, mano a mano che gli anni 2000 andavano verso il compimento della prima decade, tramontavano “le ultime generazioni di techno-folli”, cambiavano i locali, cambiavano le persone, tramontavano le immortali band rock per lasciar spazio a nuove tendenze, l’invasione pop – rap americana, gli effetti speciali al cinema, lo streaming, i reality show che poi divennero talent. Il continuo bombardamento di informazioni provenienti dai social network, dalla televisione, dai media, le chat. Le applicazioni di messaggistica istantanea. Lo spropositato abuso dei cellulari, divenuti da accessori atti a telefonare, a strumenti fondamentali dell’esistenza umana, la droga della quale giovani e adulti ne fanno più uso, sempre interconnessi, sempre con più contatti, dove il successo si misura in “like” e la popolarità in “seguaci”, dove tutti hanno un migliaio di contatti in rubrica e sono sempre più soli. Dove la regola è tutto e subito, dove la soglia dell’attenzione è ridotta ai minimi termini, dove faccia a faccia si prova disagio, e spesso, ci si annoia. E allora si danno il via a challenge a volte demenziali, a volte folli e fuori di testa, come gettarsi i super alcolici negli occhi per sbronzarsi o fare un selfie sulle rotaie del treno, per poi scansarsi all’ultimo. L’ultima bravata l’abbiamo assaporata pochi giorni fa, dove dei ragazzi di un noto Talent Show, hanno ben pensato di pipparsi la noce moscata. Passi l’intera adolescenza ad inseguire un sogno, a coltivare la tua passione, a cercare di salire su di un treno che capita una volta nella vita, il cui biglietto tocca a uno su un milione, e tu, con superficialità e scherno, lo getti via, bruciando talento ed opportunità, per pipparti la noce moscata. Perché era capodanno. Perché non sapevamo come divertirci. Perché la droga fa male, ma le spezie rendono tutto un po’ più saporito. Così nei talent, così nel lavoro, così nella vita, così nelle relazioni. Così fu scritto da Jacopo Andrea Fagioli.

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