“Neuralink Corporation è una azienda statunitense di neuro-tecnologie, fondata da un gruppo di imprenditori, tra cui Elon Musk, che si occupa di sviluppare interfacce neurali impiantabili. Dalla sua fondazione, l’azienda ha assunto molti famosi neuroscienziati di varie università. Fino al luglio 2019, ha ricevuto 158 milioni di dollari di finanziamenti (di questi, 100 milioni di Musk) e aveva 90 impiegati. Al tempo, Neuralink annunciò che stava lavorando a un dispositivo “simile a una macchina per cucire” capace di implementare fili molto sottili dentro il cervello, e dimostrò un sistema che legge informazioni da un topo di laboratorio tramite 1500 elettrodi (che si dice essere 15 volte più dell’attuale massimo per sistemi usati nei cervelli umani), e anticipò che avrebbe cominciato gli esperimenti con gli umani nel 2020.” >>fonte Wikipedia
Già questo articolo potrebbe finire qui, o almeno, per le persone che ancora hanno un minimo di amor proprio, potrebbe tranquillamente finire qui. Ma dato che viviamo nell’epoca della Stregoneria 3.0, oggi, se vuoi impiantare un micro-chip nel cervello di un essere umano basta dichiarare che lo fai nel nome della scienza e che i benefici superano i rischi (mi ricorda un’altra storia miracolosamente terminata con lo scoccare di una guerra). Perché alle persone normali ovviamente, non farebbe piacere che qualcuno gli metta le mani nel cervello affinché dei circuiti elettronici lo trasformino in un super uomo, o ancora più ridicolo, ricevano sullo smartphone l’aggiornamento del tasso di cortisolo in giro per l’organismo. Una persona normale se ne frega del tasso di cortisolo, di quanti battiti fa il proprio cuore o di quanta aria stanno comprimendo i polmoni ad ogni espirazione. Una persona normale sa che il proprio cuore batte autonomamente, che i polmoni sono collocati da qualche parte in mezzo al busto e che il cortisolo può regolare i livelli del proprio stress (in realtà in molti non sanno minimamente che il cortisolo è un ormone, e altrettanti, lo hanno confuso con il colesterolo). Ora, il mio non vuole essere un inno all’ignoranza, al non voler sapere come funziona il proprio corpo o alla non prevenzione/monitoraggio di comprovate patologie. Il mio vuole essere un ritorno al buon senso, al far capire che molte cose che reputiamo utili in realtà non lo sono affatto. Quando quel signore americano “appassionato di Peg Perego” aprì Neuralink, venni pervaso da un brivido lungo la schiena, e la prima cosa che mi passò per la mente furono gli esperimenti degli anni bui, in cui si praticava la lobotomia e l’elettroshock senza nessun fondamento logico, scientifico e razionale. Ma anche allora bisognava fidarsi di quelle persone che nel nome della santissima scienza, proferivano operazioni criminali ai danni di poveri cristi che non sarebbero stati più gli stessi. Sappiamo così poco del nostro cervello nonostante gli innumerevoli studi. E più lo studiamo, più scopriamo cose nuove ed esaltanti. Il cervello è una macchina straordinaria, affascinante, complessa. Le reti sinaptiche che collegano neurone dopo neurone, in un sistema arzigogolato di impulsi elettrici dove ogni cosa ha la sua logica ed equilibrio, vive con le proprie leggi e meccanismi delicatissimi. Le emozioni che proviamo, i sentimenti, i movimenti, le azioni, i pensieri, i ragionamenti, la percezione di tutta la nostra vita è racchiusa li: in quell’organo molle a forma di noce, dove anche una minima imperfezione, porta a danni più o meno gravi, alle volte irreparabili, tanto da chiedersi se l’essere umano non sia altro che un contenitore di quell’organo, perché senza quell’organo divino custodito dentro alla calotta cranica, noi non esisteremmo e non saremmo nulla. Millenari sono gli interrogativi dei filosofi, se addirittura l’anima non sia null’altro, che la realtà percepita da esso. Quindi davvero esiste qualcuno che vorrebbe che qualcun’altro mettesse le mani all’interno del suo io? Evidentemente si, dato che in Svezia c’è chi sì è fatto impiantare un micro-chip per effettuare pagamenti elettronici e controllare la pressione sanguigna. Fortunatamente questa volta, a Musk non è andata bene (per ora): la FDA ha reputato che le informazioni a disposizione sulla tecnologia dell’azienda, non siano sufficienti affinché si possa procedere alla sperimentazione umana. Non ci sono abbastanza dati sulla sicurezza, tantomeno sull’efficacia di tale dispositivo. Insomma, questa volta i bonifici non hanno superato i rischi. Certo, mi rendo conto che se avessimo a disposizione una mappa precisa di tutti i parametri vitali di un uomo, e conoscessimo alla perfezione le dinamiche dello sviluppo delle malattie, potremmo intervenire prima che queste si presentino. Sarebbe la rivoluzione scientifica, la soluzione medica per eccellenza, ma guardiamo in faccia la realtà: non siamo pronti. La tecnologia in questo campo è primordiale, correre il rischio di snaturare una vita per giocare al Dottor Mengele non ha alcun senso. Bisogna dare tempo al tempo e non farsi prendere dalla frenesia del momento, e soprattutto, non far prevalere il proprio Ego sulla razionalità. Forse un domani parleremo di bio-hacking, gli attentati terroristici saranno basati sulla compromissione del chip cerebrale in grado di uccidere all’istante chiunque con un click del mouse, o ancora peggio, nello scenario più complottistico catastrofista, verremo controllati come marionette tramite onde radio (in realtà veniamo già controllati con molto meno). Forse quello che ci riserverà il futuro non sarà così distopico e perverso come me lo immagino. Spero solo di non essere più in vita quando le intelligenze artificiali avranno preso il posto dei lavoratori, quando le automobili si guideranno esclusivamente da sole e le proprietà private, non esisteranno più in nome della condivisione collettiva. La rivoluzione industriale indubbiamente ha portato grandi benefici, ci ha viziati, ci ha confortati, ci ha fatto conoscere piaceri che minimamente ci immaginavamo possibili alla fine del ‘700. Ma se non vogliamo auto-distruggerci, dobbiamo darci dei limiti. Alle volte il non avere una risposta ad una domanda è la logica risposta alla domanda stessa. Così fu scritto da Jacopo Andrea Fagioli.